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martedì 13 novembre 2007

Primo: ragionare con la propria testa

Un commento di AleTozzi

Il rischio è sempre quello: che l'opinione pubblica diventi la propria.
E più la situazione è ingarbugliata, più l'opinione pubblica si sfrangia, più nessuno ci capisce niente. Un po' come la politica in Italia.
La cronaca è questa: domenica è morto un ragazzo di 26 anni, in un autogrill di Arezzo.
Tifoso della Lazio, deejay, di buona famiglia, ragazzo tranquillo, andava a Milano a vedere la partita. Colpito al collo da un proiettile sparato dalla stazione di servizio opposta da un poliziotto, senza che vi sia stato un motivo: forse una rissa (ormai finita), forse un errore.
Non si sa. La stessa Polizia, e il ministero, ammettono l'errore. Fra poco anche l'orrore, magari, chissà.
Questo è il primo fatto.
Il secondo è che un odio, che cova sotto la cenere da anni, in quel momento esplode.
Nella maggior parte degli stadi si gioca, ma in un clima surreale. A Milano la partita non si gioca. A Bergamo, invece, dopo 7 minuti sono gli ultras a imporre ai giocatori di uscire dal campo. Simile a quello che avvenne in un derby di qualche anno fa, con i tifosi che alla fine del primo tempo scendono in campo, e di fatto chiudono la partita.
Quel derby fu un evento epocale, forse anche la presa di coscienza da parte dei tifosi che avevano voce in capitolo, se erano uniti, meglio ancora se romanisti e laziali insieme. Per vari motivi: a nessuno conveniva farne dei martiri, le società subivano i loro ricatti quotidiani, gli stessi giocatori erano legati a doppio filo con i capi ultras. Sembra quasi l'inizio del film "I guerrieri della notte", quando bande di tutta New York confluiscono a Central Park per unirsi, e diventare una potenza vera e propria. Così in fondo i tifosi, anche se sparsi sulla Penisola.
Ma torniamo ai fatti. La sera è in programma Roma-Cagliari. Dopo lunghe discussioni, si decide di non giocare, per evitare scontri. Solo che i romanisti sono già arrivati allo stadio, e con loro i laziali, a dare man forte, uniti contro il nemico comune. Il risultato sono ore di scontri cruenti, con un commissariato assalito, gli uffici del Coni devastati, una camionetta della Polizia bruciata, e una guerriglia urbana per tutta la zona.
La Polizia, durante la serata, non fomenta gli scontri, tende a lasciar fare, come un padre che capisca di aver fatto una stupidaggine per primo, e di dover lasciare sfogare i propri figli fino al momento di andare a letto. Lo sfogo dura alcune ore, poi si quieta.
Molti i Soloni convinti di aver capito tutto: chi se la prende con i tempi, chi con gli Ultras, chi con la Polizia. Alcuni suggeriscono di interrompere il Campionato, altri di arrestare tutti i manfestanti facinorosi, altri ancora di vietare lo stadio agli Ultras.
La giornata si chiude con fili di fumo dallo stadio Olimpico, gli ultimi incendi di una serata da segnare sull'agenda come una serata dove la parola civiltà subisce un ulteriore arretramento.

Io non so come uscirne. Più probabilmente non se ne esce, anche misure drastiche non risolverebbero la situazione in maniera radicale. Sono fra quelli che non credono che gli stadi possano essere luoghi straordinari, visto che la società è quella che è: si tratterebbe di un'anomalia se fosse così.
Non è così.
Una cosa però si potrebbe fare.
Il primo repulisti, serio, se lo dia il calcio.
Via Matarrese, Carraro, Biscardi, e tutti quanti, visto che Calciopoli non è bastata a mandare a casa una generazione, forse pure due, di merdoni.
Sarebbe già qualcosa.
Vietare alle radio e alle tv di parlare di calcio per più di 10 minuti al giorno, non possiamo rincoglionire una popolazione con Adriano che ha le paturnie (guadagnando come lui, forse le avrei anche io), Totti e i suoi figli dai nomi improbabili, e i complotti contro la Juve. Si spenga tutto, si abbassi il volume, si torni ad un calcio giocato 90 minuti la settimana, e non parlato per i restanti 6 giorni e 23 ore.
Fomenta anche questo.
In Usa, patria di molti sport, non ricordo che succedano queste cose. Proviamo ad importare qualche idea, oltre alla moviola in campo. Tipo abolire le retrocessioni per qualche anno, dando vigore ai vivai e a una educazione dei tifosi, che possono anche aspettare più delle consuete 4 partite per cacciare l'allenatore di turno, tanto la squadra in Serie B non ci va.
Però qui entriamo nella categoria dei Soloni, quelli che hanno le soluzioni.
Io non ho soluzioni, semmai qualche domanda: qualcuno ci può spiegare cosa è accaduto ad Arezzo, o farà la fine di Ustica questo omicidio? perchè i violenti degli stadi, che sono sempre i soliti 200, sono sempre a piede libero? Pure il daspo si sono inventati qualche anno fa, che cosa inutile...
Quella fra poliziotti e tifosi è una guerra fra poveri. E le guerre fra poveri, spesso, finiscono molto male, che tutti e due hanno ben poco da perdere.
Ultima annotazione, ultimo fatto. Che molti hanno bypassato. Un ragazzo è morto, più o meno come morì Giuliani a Genova: che divenne eroe anche se stava tirando una bombola su un carabiniere. Oggi questo ragazzo non stava facendo nulla, forse dormiva addirittura. Forse diventerà un eroe anche lui, ma farà parte di quegli eroi Serie B, di quelli che se ne parla per 3 giorni, e nessuna madre che diventerà senatrice in suo imperituro ricordo.
La vicenda di Genova ebbe bisogno di un eroe per esplodere in tutta la sua virulenza, nel male di quei tre giorni, qui del morto non si parla, ma solo di cosa fare. In fondo Genova era circoscritta come episodio, gli stadi rimangono, i tifosi pure. Più dei no-global.
Per questo si vorrebbe cancellarli. E cancellare così il calcio stesso, che senza tifosi diventerebbe play station.
Chi ha testa la usi, dice un proverbio, adatto a questi casi.
Ma ce ne sarà uno, uno solo, che ce l'avrà ancora fra tutti questi protagonisti?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Secondo me i fatti seguiti all'omicidio dell'autogrill sono pilotati da una regia occulta. La stessa che evita che gli agenti e i funzionari di polizia responsabili dei reati di terrorismo cileno a Genova ne rispondano davanti alla Giustizia.

CircoloBaldoni ha detto...

Sì, può darsi.
Rimane la domanda: i fatti precedenti all'omicidio, e l'omicidio stesso, da dove nascono?